A piedi sul Kungsleden: pioggia, natura e cieli infiniti

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Dopo il Cammino di Santiago avevo decisamente voglia di alzare l’asticella, e quale miglior modo, anche per festeggiare il fatto di esser diventato Guida Ambientale Escursionistica, se non quello di percorrere a piedi qualche centinaio di kilometri nel nulla della foresta svedese?

Questo è il mio racconto del Kungsleden, o Sentiero del Re, uno dei trekking più iconici del mondo: oltre 400 chilometri nella Lapponia svedese, attraverso il circolo polare artico tra infinite valli glaciali, laghi, torrenti e montagne. Un percorso selvaggio e remoto, dove, specialmente nella parte centrale, si è costretti a percorrere diverse giornate di cammino, e talvolta anche in barca, senza incontrare nessun villaggio, senza segnale telefonico, senza segni dell’umanità, se non quella rappresentata dagli altri, spesso rari, escursionisti.

Un viaggio che ti mette alla prova già prima di partire, perché bisogna portare sulle spalle tutto il necessario per vestirsi, dormire, cucinare, oltre al cibo stesso! Ogni grammo diventa quasi una scelta filosofica: mi servirà davvero? È un modo di viaggiare che ti fa davvero capire le priorità, quali sono le cose davvero necessarie.

In questa parte della Svezia piove “abbastanza”, ma speravo che questo non significasse “sempre“: la prima settimana è stata davvero una prova di iniziazione, con pioggia quasi ininterrotta, giorno e notte.

Il problema non era tanto bagnarsi, quanto avere sempre i piedi fradici: scarpe e calze costantemente zuppe, senza alcuna possibilità di asciugarle tra un pioggia e l’altra. La cosa peggiore era infilarsi la mattina le calze zuppe e fredde (qualche notte la temperatura è andata sotto zero, facendomi trovare la mattina la brina dentro la tenda) per ricominciare a camminare.

A proposito di peso, mi sono quasi pentito di aver portato la macchina fotografica e tutto il necessario per fare foto. A causa del maltempo, ma soprattutto per la volontà di godersi questa esperienza senza sovrastrutture, è rimasta quasi sempre nello zaino. Avrei potuto immortalare tanti paesaggi che davano un senso di infinito, difficile da trasmettere in foto, luoghi popolati spesso da tranquille renne, ma ahimé senza l’avvistamento di alci, animali maestosi ma molto schivi.

Non sapevo, e ancora non sono sicuro, su quale opzione fosse migliore per il fondo del sentiero: fango infernale o pietraia malefica? Circa 25 km al giorno su terreni del genere non sono una passeggiata, ogni passo a rischio di scivolamento.

Eppure, nei momenti più bui, quando il cervello ti dice “ma chi me lo ha fatto fare?“, succedeva sempre qualcosa che mi ridava la gioia di continuare: un arcobaleno, una branco di renne, un paesaggio mozzafiato, o un incontro con qualcuno davvero in gamba, come il grandissimo Remon, col quale ho fatto una buona parte del percorso.

Sul Kungsleden la routine si sfronda di tutte le cose che ci sembrano “normali” e si riduce all’essenziale: camminare, mangiare, dormire. È questa una semplicità che disarma, quasi primitiva, ma che dà un incredibile senso di libertà impensabile nella vita di tutti i giorni. Dopo pochi giorni ho completamente perso il senso del tempo, non avevo idea di che giorno fosse. E in effetti non aveva davvero importanza.

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